
Romina Bagatin
PROFESSIONAL COUNSELOR
5 ottobre 2022
IL CAMBIAMENTO
Come affrontare il senso di precarietà
Mai come in questo momento storico possiamo sperimentare tutte le emozioni che si porta dietro il senso di precarietà che viviamo. Precarietà economica (chissà se riusciremo a pagare le bollette quest’anno?) precarietà relazionale (come andrà con le ondate Covid? Ci saranno ulteriori restrizioni?) Precarietà interiore, emotiva (ce la farò ad affrontare tutto? A uscirne senza un danno psicologico?).
Sentirsi un po’ persi, un po’ sull’orlo del precipizio con la paura di cadere è una sensazione comune a molti in questo periodo e forse più gestibile proprio perché non ci si sente del tutto soli. Siamo tutti sulla stessa barca.
Alcune persone però vivono questo senso di precarietà anche aldilà del momento storico incerto o catastrofico, come potrebbe essere quello attuale. Si sentono continuamente sull’orlo del precipizio e non adeguate ad affrontare un'eventuale caduta. C’è chi, all’apparenza non ha nulla di cui preoccuparsi, per esempio una stabilità economica, una famiglia, ma teme che tutto questo, all’improvviso, possa finire e vive nella paura.
Ecco, se esiste un’emozione legata a questa sensazione è sicuramente la paura. La paura però è un’emozione utile in questi casi: serve ad evitare i pericoli, ma, se mal gestita potrebbe sfociare nell’ansia. Mentre la paura è un’emozione legata al qui e ora, a situazioni improvvise che richiedono una reazione immediata (se stiamo per essere investiti, il nostro istinto, mosso da un'emozione di paura, ci dice di scansarci), l’ansia invece è la paura di qualcosa che ancora non è avvenuto, di qualcosa che forse non avverrà mai. È una proiezione in negativo e proprio per questo non ha nessuna utilità, anzi potrebbe portare ad una reazione di paralisi. Sappiamo che sono tre le reazioni di fronte a situazioni spaventose o pericolose: la fuga, l’attacco, o la paralisi: rimanere immobili, fingersi morti. Spesso l’ansia produce questa reazione che deve necessariamente sbloccarsi, a un certo punto, per non portare a conseguenze più gravi come la depressione o altri stati patologici. Liberarsi dall’ansia della precarietà, del cambiamento contro la nostra volontà, non è semplice, ma possibile. Innanzitutto è necessario respirare, o meglio, espirare, buttare fuori aria, ossigeno dal nostro corpo che altrimenti andrebbe in iper-ventilazione. Poi, fare appello alla nostra parte adulta.
Piccola digressione teorica su questo punto.
L’Analisi Transazionale, orientamento psicologico e di counseling ipotizzato da Eric Berne negli anni ’50 ci racconta che dentro di noi co-esistono tre stati dell’io GENITORE, ADULTO E BAMBINO che comunicano tra di loro e si passano la palla nella gestione della nostra vita a seconda delle situazioni che richiedono un approccio più di accudimento (genitore), più spontaneo (bambino) o più razionale (adulto).
Tornando alle nostre modalità di difesa dall’ansia, ecco, entrare in contatto con la nostra parte adulta che ci fornirà soluzioni ponderate e razionali per affrontare un cambiamento, potrebbe essere un modo di risolverla. Se non abbiamo più una casa, contattiamo un’agenzia che ci possa aiutare a trovarne una nuova in base al nostro budget, se non abbiamo più un lavoro inviamo curriculum alle realtà che possono fare al caso nostro e che abbiano posizioni aperte. Lo so, molto più facile a dirsi che a farsi, ma agire è sempre un primo passo per adattarsi al cambiamento. Rimanere immobili, come abbiamo già visto è la soluzione meno vincente. Se incontri un orso in un bosco hai molte più possibilità di finire male se ti fingi morto, che non se provi a scappare.
L’ultima soluzione auspicabile per liberarsi dall’ansia è quella di parlarne con qualcuno. Esplicitare il proprio stato d’ansia, così come buttare fuori ossigeno, aiuta a vederla da fuori, come una parte di sé che non ci riguarda, che molto spesso ci affiancherà, ma sarà altro da noi. Scrivere su un quaderno perché proviamo ansia e da cosa quest’ansia deriva aiuta a vedere l’ansia da un altro punto di vista. Parlare con una persona aperta all’ascolto o un counselor, ad esempio, del proprio stato d’ansia aiuta a ridimensionarlo e a riconoscerlo per quello che è: semplice paura e la paura fa bene. Ci protegge, ci riporta all’immediato, è, essa stessa una risorsa per superarla.
A questo proposito consiglio l’ascolto del podcast Le basi di Isabel Gangitano con l’intervento della Dottoressa Simona Barbieri in cui si affrontano tutte le emozioni primarie e c’è un bel capitolo anche sulla paura.